Lea GarofaloLa criminalità organizzata conta sempre più vittime innocenti; proprio oggi, in occasione della giornata della memoria e dell’impegno, ne sono state contate novecento, uccise da sistemi come la camorra, la mafia e la ndrangheta. Come nel il film “I cento passi”, dedicato a Peppino Impastato, Marco Tullio Giordana ha voluto ricordare una donna che ha avuto il coraggio di staccarsi dal sistema della ndrangheta da cui è quasi impossibile uscire: Lea Garofalo. La sua famiglia era strettamente collegata all’organizzazione malavitosa calabrese, ma, dopo la nascita della figlia Denise, avuta con Carlo Cosco, anch’egli affiliato alla ndrangheta, decise che quella vita non era giusta per lei e la sua bambina, approfittando della reclusione dell’uomo, condannato per traffico di stupefacenti. Lea iniziò, così, a collaborare con la giustizia,  denunciando i metodi criminali che coinvolgevano anche la sua famiglia. Quando Carlo Cosco, uscito di prigione, invitò Lea e Denise a Milano, dopo aver fatto in modo che si fidasse di nuovo di lui, consumò l’omicidio.

Questo film mi ha fatto riflettere sul ruolo dello stato in situazioni come quella di Lea, che,pur denunciando e  pentendosi del suo passato, non è mai al sicuro. È un dato di fatto che le autorità in molti casi non fanno tutto ciò che è in loro potere fare nei riguardi di queste persone. Un esempio legato alla nostra realtà cittadina di Torre Annunziata è quello del commerciante Raffaele Pastore, che ha denunciato il pizzo che i camorristi gli avevano imposto ed è stato ucciso. Un’altra cosa che leggendo la biografia di Lea mi ha colpito negativamente è il fatto che a Denise non è stato riconosciuto lo status  familiare di vittima di mafia.Si devono  ricordare,infine, altre famiglie che si sono trovate in situazioni simili, come quella di Carmela Sermino, vedova di  Giuseppe Veropalumbo, ucciso da un proiettile vagante la notte di capodanno.

I figli dei malavitosi crescono con la mentalità che uccidere, spacciare e rubare sia normale. Diventa poi come un circolo vizioso perché i figli continueranno a vivere come i genitori. Ed è per questo che ritengo importante far conoscere la storia di Lea Garofalo, soprattutto ai ragazzi, perché essi potrebbero prendere coscienza che  vivere nell’ illegalità non è l’unica strada, ma che si può intraprendere una nuova vita nel rispetto delle regole.

Ludovica Vollaro 2A classico