Uomo del XXI secolo sei ferito e non riesci più ad essere uomo.
Un po’ solo e incompreso, profondamente diffidente e sfiduciato, soffocato da una cappa d’inquietudine e di perenne insoddisfazione, ti sei disabituato a prenderti cura degli altri e anche di te stesso. Spesso, per te, proprio la schiena di chi crolla è un basolo da calpestare per continuare a percorrere la tua strada, e questo fa più male della caduta stessa. Ti comporti come se, in questo modo, potessi arrivare prima o essere migliore. Come se fermarti un attimo per tendere una mano all’altro e poi avanzare insieme ti sottraesse troppa forza o tempo. E siccome il tempo non va sprecato, vai di fretta, sempre. Perché così fanno tutti, perché così dev’essere. Altrimenti non sei al passo con gli altri e, inevitabilmente, vali meno.

Uomo del XXI secolo corri e sei inarrestabile.
Non sai più fermarti, ma non capisci nemmeno quand’è tempo di farlo. E se lo fai, è solo per riprendere fiato e ricominciare la tua corsa ostinata verso qualcosa che tu stesso stenti a riconoscere. Anzi, spesso non sai nemmeno di preciso a quale gara stai partecipando. Non sai per cosa stai correndo, cosa c’è ad aspettarti alla fine e se davvero esiste un traguardo da raggiungere. Sei turbato, ma corri comunque, perché tutti corrono. E prendi fiato, ma non ti fermi mai a respirare perché non ti è concesso e stai disimparando sempre più a farlo. Perché essere umano, in un mondo che trascura sempre più l’umanità, che predilige la massa a discapito del singolo, è sinonimo di fragilità, e la fragilità è un lusso che non ti puoi concedere durante la perversa frenesia che caratterizza i tuoi tempi. 

Uomo del XXI secolo sei smarrito e proprio non riesci a ritrovarti.
Sbagli tanto, ma non voglio credere che la cattiveria sia insita in te: forse sei soltanto un figlio disgraziato del tuo tempo e anche di quelli precedenti al tuo, che non sono poi così lontani. E, proprio allora, quando si è insinuato dentro di te il male di vivere, qualcuno ha compreso: i filosofi, i poeti, gli artisti ti avevano avvisato: ti avevano detto cosa ti avrebbe fatto del male e come ti saresti sentito. Durante il tuo cammino ti sei imbattuto in quegli spettri terribili del conformismo e dell’arrivismo e li hai preso per oro colato ma hai perso il controllo, sei diventato ateo e nichilista.

Uomo del XXI secolo, sto parlando a te. 
Senti: non adattarti al capitalismo, al materialismo, alla massificazione, all’individualismo. Tu sei molto di più. Ribellati alla morsa di ciò che ti paralizza e ti snatura, non farti spingere in basso e non accontentarti dell’inconsistenza e del vuoto. Non replicare il movimento di questi meccanismi atrofizzanti, vai oltre e spingiti al di là della tecnica, che è solo una parte della realtà. È indubbiamente necessaria e ne hai bisogno, ma il mondo è tanto altro e non può ridursi solo a questo e, soprattutto, non puoi continuare ad ignorare quel che è dentro di te, perché prima o poi scoppierà e non riuscirai a controllarne l’impeto. A nessuno più importa la tua anima. Tu, però, curala e non trascurarla. La razionalità e l’utilitarismo non andranno mai d’accordo con la passione ed il coraggio.

Uomo del XXI secolo, so che non è tutto così semplice e ti capisco.  
Capisco che è difficile condurre una vita scriteriata e che stenti a comprendere fino in fondo.  
Capisco che non trovi più il tuo centro di gravità, che non riesci più a distinguere quel che è giusto da quel che è sbagliato e che non sai più come stai. Smetti, però, di subire il mondo passivamente e di rifugiarti negli allucinogeni esiziali e ingannevoli del tuo tempo; non arrenderti all’indifferenza e all’apatia, altrimenti nulla ti distingue da una macchina. 

Uomo del XXI secolo, credo tu abbia bisogno di una massiccia dose di bellezza per disintossicarti da tutto il grigiore che da tempo offusca la tua vista. Esci da questa gabbia in cui sei intrappolato da un po’ e riscopri il mondo vero: appassionati, amalo e prenditene cura. Fai arte: dipingi, componi, leggi, scrivi. Anche se ti diranno che sogni troppo, che sei fuori dal mondo e che hai troppa fantasia per poter sopravvivere, tu non preoccuparti. Non può capirti chi non sente e non sogna come te. I disfattisti distruggono ciò che non possiedono, gli scettici stentano a credere a ciò che non comprendono: o è bianco o è nero. Tu, però, prova a dipingere anche loro coi tuoi colori: dimostragli che non si può ridurre tutto all’utile e alla pratica, perché ciò significa “viver come bruti”. Dimostragli che niente ha il potere di educarti ed elevarti davvero come fa una forma d’arte. Dimostragli che non si tratta di un marginale modo per dilettarsi, ma è soprattutto un mezzo per guardarsi dentro e costruirsi, è lo strumento per farsi uomini e per essere capaci di sentire, sentirsi e farsi sentire. Il potere ritemprante e catartico dell’arte è ineguagliabile, per questo è capace di resistere nel tempo e di rendere eterno chi l’ha praticata.

Attraverso l’arte non si muore mai, ma si vive sempre.